Trasmesse forse da fonti orali e da opere letterarie scomparse, le notizie biografiche su Teodolinda furono raccolte nell’VIII secolo dal monaco Paolo Diacono, che nella sua Historia Langobardorum, scritta per la corte di Carlo Magno, tracciò un ritratto preciso anche se già mitizzato della regina. Nata probabilmente verso il 570 da Garipaldo, duca di Baviera, e da Valderada, figlia di Wacone, re dei Longobardi dal 510 al 540, intorno ai diciotto anni Teodolinda fu promessa in sposa al giovane Autari, che nel 584 era stato eletto re dei Longobardi e che per scansare il pericolo di un’invasione dei Franchi aveva già concordato il proprio matrimonio con una sorella del re di questo popolo, Childeberto II, il quale però, per motivi di strategia politica, aveva poi disatteso l’accordo, dandola in moglie a un figlio del re dei Visigoti.
Sull’esempio di Erwin, il potente duca longobardo di Trento, Autari decise allora di sposare una figlia del duca di Baviera, in modo da rafforzare l’alleanza con questo popolo stanziato a nord delle Alpi e anch’esso minacciato dall’espansionismo dei Franchi. Tale scelta gli assicurava inoltre, agli occhi dei Longobardi, un potenziamento di prestigio e una maggiore base di legittimità, in virtù della discendenza della sposa da re Wacone, l’ultimo esponente della dinastia dei Letingi che aveva regnato sul popolo longobardo dall’inizio del V alla metà del VI secolo. La scelta cadde su Teodolinda che, secondo Paolo Diacono, Autari volle conoscere prima della cerimonia nuziale, visitandola in incognito, travestito da ambasciatore, presso la corte di Garipaldo. Il matrimonio fu celebrato il 15 maggio 589 nel campo di Sardi, vicino a Verona, alla presenza del fior fiore della nobiltà longobarda, e fu accompagnato dalla nomina di Gundoaldo, fratello di Teodolinda, a duca di Asti: nomina che assicurò un solido appoggio in area piemontese ad Autari, che su questo versante poteva già contare sull’alleanza del duca di Torino, Agilulfo, determinante per il controllo dei valichi alpini e lo sviluppo della sua strategia politica.
Dopo l’ascesa al trono Autari aveva infatti avviato un processo di riunione delle tribù longobarde, nell’intento di frenare le tendenze disgregatrici seguite alla morte di re Clefi nel 574 e rilanciare il progetto di re Alboino, che nel 568 aveva guidato la discesa nella penisola, di creare un vasto stato longobardo in Italia. Ciò aveva però scatenato le reazioni dei Bizantini, dei Franchi e anche di diversi duchi longobardi, restii a sottomettersi all’autorità del nuovo sovrano e che perciò avevano cercato in ogni modo di intralciarne e contrastarne l’operato. Proprio a simboleggiare questo programma e a sancire una linea di continuità con Alboino, dopo le nozze gli sposi presero dimora a Verona, residenza prediletta del primo re longobardo in Italia, oltre che centro di grande importanza strategica per il controllo delle vie di penetrazione nella Pianura Padana attraverso la Baviera, il Brennero e il Trentino. Nella primavera del 590, però, l’esercito franco riattraversò le Alpi e, dopo aver assediato Bellinzona e Milano, puntò su Verona, costringendo i sovrani a rifugiarsi a Pavia, dove Autari morì improvvisamente il 5 settembre del 590, forse avvelenato, a poco più di un anno dal matrimonio e dopo soli sei anni di regno, senza essere riuscito a sgominare le forze franche e bizantine, né ad assoggettare i duchi ribelli.