Con la fine del XVIII secolo ebbe inizio un’altra fase della storia del duomo, illustrata nella quarta parte del percorso. Tra il 1792 e il 1798 Andrea Appiani provvide a realizzare il nuovo altare maggiore, testimoniato in Museo dai gessi delle sue magnifiche sculture modellati da Angelo Pizzi su disegno dello stesso Appiani.
Dal 1796, data d’inizio dell’occupazione napoleonica, per la basilica cominciarono però tempi duri. La metà degli oggetti d’argento e due terzi di quelli d’oro del Tesoro vennero infatti requisiti e destinati alla Zecca di Milano per essere trasformati in moneta, oppure inviati ai musei di Parigi, dove alcuni di essi furono rubati e distrutti nel 1804, mentre quelli superstiti furono restituiti nel 1816.
Alle razzie seguì però una nuova stagione di donazioni, durante la quale pervennero alla chiesa alcune raccolte di opere antiche, come gli intagli lignei provenienti dal Monte Athos donati nel 1809 dall’architetto Carlo Amati o gli antichi avori italiani e francesi ceduti nel 1825 dalla contessa Carolina Durini Trotti. Esposti alla fine del percorso, tali manufatti si affiancano a delle eleganti suppellettili liturgiche neoclassiche e a vari oggetti utilizzati nelle ultime incoronazioni, il cui fascino rimane immutato, a cominciare da quello che promana dai due pani votivi in argento realizzati per la messa dell’incoronazione di Napoleone nel 1805 e dal cofanetto in velluto e perle utilizzato per trasportare a Vienna la Corona Ferrea in occasione dell’incoronazione di Ferdinando d’Austria nel 1838.
Trasferito in Austria dopo l’unità d’Italia, il sacro diadema fu restituito al Duomo di Monza nel 1866 per interessamento di re Vittorio Emanuele II. Dopo averne decretato nel 1883 il carattere di reliquia nazionale e di insegna del regno, re Umberto I ordinò invece di sistemarla in un nuovo altare, che fu appositamente eretto nel 1895-96 da Luca Beltrami nella Cappella di Teodolinda, dove fu sistemato anche il sarcofago della regina. Nello stesso periodo, Beltrami provvide anche al restauro della basilica, che si concluse nel 1908 con il rifacimento del rivestimento lapideo della facciata e la ricostruzione delle guglie precedentemente abbattute, con le relative statue.
Tra di esse anche quella di Teodolinda, colta nell’atto di donare il Duomo, il cui gesso preparatorio è esposto nel percorso, a simboleggiare il perenne ruolo di protagonista che la regina longobarda ha avuto in questa straordinaria storia di arte, cultura e spiritualità.
Un breve ma intenso fuori programma è costituito dalle acquisizioni, commissioni e donazioni che negli ultimissimi anni hanno continuato ad arricchire il patrimonio della chiesa e che forniscono una vivida testimonianza dei caratteri dell’arte sacra contemporanea. Tra i pezzi esposti si segnalano due piccole sculture: una Crocifissione in ceramica policroma realizzata verso il 1953 da Lucio Fontana, padre dello Spazialismo, e un Cristo risorto fuso in bronzo nel 1974 da Luciano Minguzzi, autore della celebre Porta del bene e del male per la Basilica di San Pietro in Vaticano. Ad esse si affiancano due grandi cartoni preparatori per le vetrate del presbiterio, con Sant’Ambrogio e San Carlo Borromeo, dipinti nel 1995 da Sandro Chia.